Racconti

Gettare le proprie angosce dietro slavine di pensieri quando vorresti liberarti dal mondo e passando scioglierti in un pizzico di neve, sceso quasi per te da chissà quali funivie, ascoltandoti in silenzio.Tralasci per attimi la fuliggine e ti spingi avanti, leggermente verso quel pizzico di luna oscillante fra le ombre che si diradano e la proteggono con lo sguardo; parlano di tanto in tanto del mare spesso in cerca di un qualcosa e cosi quando va verso il limite: si spiegano le maree favorite dal desiderio di una luna sempre tersa.

Tu vai lungo riva e sei sabbia per la distesa unita dalle malie di sogni in mosaico; doni calore a queste onde sfoltite da un venticello ed ingoiate da una forza che il mare ha posto in te.

Scivola Giselle sulla mensola d’un semibuio accusando presto un venticello di brezza che le assapora i capelli raccolti più o meno insieme da un filo gracile; “sarebbe bello approdare da lontano in questa calma mite, planare le ali come un fantasma e tergersi di sfuggita di un leggero dormiveglia; continuano a giocare, a rincorrersi tra la gente ma è così bello star qui”,
pensava Giselle con un viso sereno dì parole quasi sguscianti ma che attendevano chissà quale tocco per esser completate da altre in agguato verso speranze sempre più avanti.

Una goccia poi un’altra ecco che la notte inizia la sua giostra, messa in moto da tiepide risonanze delle prime fantasie vaganti per essere cacciate da chi si propende audace, sfogandosi dal giorno.

Una tuta scia rapida le acque, sarà il pigiama di qualche stella cadente a cercar le orme un grillo come ricordo lieto dell’infanzia.

E le onde si colorano asciugando queste lacrime spaziali di chissà quale futuro, forse con tinte coinvolgenti donate dall’aria di nuovo verso la purezza e trenini personali sempre pronti a sorpassare dei monti che per fortuna si prestano ad una prova scherzosa.

“Una notte cosi può durare a lungo se ci riporta giorni lieti, presi da un ladro in fuga … “, abbassando gli occhi Giselle cercava tracce sulla sabbia per disincantarsi.

Un barlume le si stringeva intorno come un circolo dorato fluorescente, mosso da una lontana guerra, di luce, i cui echi timbrano le anime più esposte, desiderose di alare come Giselle.

“Cosa c’è … “, una pianta di folgore si destreggiava intuendo lentamente i suoi contorni di bambina che sfuggivano capricciosi sul mare che gemendo taceva il suo fruscio e specchiava verso di sè l’atmosfera di una cometa misteriosa con la testina mascherata fra quella sciolta di Giselle.

Si sente scricchiolare una chiave per un’altra porta da sorpassare prima che l’alba sgorghi di nuovo sui desideri.

Ecco che la nostra Giselle s’inoltra in un bagno di verde, un qualcuno inizia a scalarle la voce come un rampicante e lei leggermente confusa muta la sua immagine trasmettendo la sui granelli di sabbia che ancor si vedono e via di lì a cullare l’immediato futuro come un carillon da mettere in moto, indirizzando le tracce verso dolci abbandoni.

Si muove così il pendolo della letizia dal ventre di una pianta dalle smorfie seminascoste, sta palpitando un’ idea che possa risonare calamita sui passi rilenti della nostra Giselle che piegano appena la sabbia per paura di stancarla e lei tenta di trasmetterle la voglia segreta di trasformarsi in un giro di colori rapidi ma costanti come il moto di un treno sempre desto che
porta insieme voci di periferia, percorse ad una ad una dalla tua mano d’un’onda inquieta che assapori poi una balenante fin quasi i tuoi capelli scomposti.

Ed ecco, come se ci fossero spie dappertutto che ti si dona un foglio dalle morbide e calde acque, tu muovi appena le labbra ma poi parli con gli occhi e si getta uno schizzo spontaneo; fiorente da un artista nascosto probabilmente stanco di creare purezza in cantuccio mentre più omini tagliano fili di contatti luminosi dando incertezza da neon alle casette di gente comune che vorrebbe atterrare sul serio sulla propria terra e non interrotta a mezz’asta in giochi lasciati svanire a nostro piacimento senza curarci che anche loro vogliono noi.

Cosi ci trastulliamo giudicando le illusioni di Giselle che non vuole perdere ancora un attimo tra stupide parole percorrendo una scia di tracce evanescenti senza sapere se esista davvero, ma oltre quello stuolo di lucine sta per confonderla sul palmo delle mani come fossero stazione della seta che vaga nel globo ed ognuno di noi si rifà lontano, piccolo più piccolo.

Un altro giorno è in agguato per rapire i tuoi gesti, erigerli fra la storia di una presenza che non si vanifichi come le alghe nel mare, creature nella notte senza veli.

L’udito si terge allora come fine cometa ed origlia un vuoto un po’ umido di speranza, la voglia di volare vibra dentro di te, uccellino impazzito, e vorresti abbracciare la terra che ti ospita, riempirla del tuo io che si vuole sprigionare e renderti colomba di un bassorilievo che non s’arresta e partecipa a attonito alla tua fuga … “è lui che mi chiama … è lui che mi chiama! … “, un fremito fodera gli orizzonti invisibili, scende al tuo posto ed un ruscello scanditoti suona intorno sino ad alarti verso un cerchio che s’apre.

Devi scegliere, tu devi scegliere piccola Giselle come la prima creatura verso il volo spaziale, hai ancora un po’ di tempo per accendere un falò per farti seguire da altre anime contro ogni prigionia e renderti capace di una solida funivia che disseti i nostri neon sempre più vigorosi dì fronte all’immenso.

Una forbice taglia le ultime luci ballerine, si scuote l’atmosfera di un dormiveglia sulla sua voce che si propaga a raggiera su per il bivio del giorno in ascesa così su un’elica dorata ti scorgi libera verso città eterne.

Da un ascensore bianco Ricciolo approda per le vie della città, dopo un po’ canticchia allegramente e i rumori sono lontano sottofondo, girati sempre più via dalla sua mano sottile che si fa largo nel vocio della gente sbadata.

Avanza spedito verso il lavoro del porto ed il collo di camicia a mo’ di papillon comincia ad agitarsi come una bussola sugli anelli delle ore diurne scombinate in rapide altalene d’accelerazione  mentre tutto intorno sembra snodarsi a quel ritmo singhiozzante.

Una discoteca avvolge i visi che passano e svoltano e Ricciolo si trastulla alle loro spalle.

Si sentono parole scandite a cercare, cosa?…Si riuniscono a cozzare fra loro e il vento le aggroviglia ancor più come un forestiero che agisce  senza prevedere  i danni possibili provocati maggiormente quando affluiscono in una mente infuocata e burlesca come quella di Ricciolo.

Continuano i suoi passi riflessi da quel volto un po’ paffuto con gli occhi mobili e castani che fanno a gara ad intrecciarsi e a sbrogliarsi di nuovo.

Un biancore lucente vibra lassù in alto ed apre al richiamo del mare fulgido con ali distese per un buon boccone, si spera, che doveva ancora una volta unire e lenire sofferenze di uno stomaco in ribellione come quello che Ricciolo portava a spasso.

Infatti, costui dando sfogo al suo estro, spendeva i guadagni che sgraffignava dal banco del padre in bizzarri e articolati pastrocchi che gli permettevano di far passerella dinanzi alla gente sempre più stupita.

Ma un bel giorno sarebbe dovuto inciampare nella sua stessa idiozia.

Il mare calmo  accoglie anche quest’oggi quel volto senza fissa dimora, anche se da un paio di giorni le onde arretravano alla sua presenza e facevano le bizze nell’ abbassarsi delle reti poste con aria schizzinosa da Ricciolo che non perdeva altro briciolo di tempo per poi mettersi sotto il sole primaverile a gustarsi l’ennesimo cruciverba della sua vita.

Fantasie facevano capolino alla mente senza capo né coda come altalene spinte da chissà chi, senza filo, e lui si crogiolava contando le chiazze dell’abbronzatura che seguivano il ritmo del suo vestiario.

Strani colpi d’acqua lo disturbarono e lui s’affrettò a tirare, tirare, tirare finché non  s’accorse di sfilacci qua e là e niente di più: la motonave di controllo s’allontanava, lui lasciò tutto con stizza e prese la via del ritorno.

A quell’ora, con il sole che picchia sui tetti scoscesi, la gente, smettendo le attività, torna a calpestare l’asfalto.

Chiudeva anche la boutique ad angolo di strada che porta a casa di Ricciolo che con il suo solito passo allegro veniva di fronte quando si accorse che uno sguardo lo seguiva …

Girandosi un po’ una ragazza dagli occhi vispi attendeva lo scendere giù della saracinesca: la pelle baciata dal sole, semplice nell’aspetto snello ma con un qualcosa che la riempiva di naturalezza ed attrazione al tempo stesso.

Di sfuggita Ricciolo evitò una macchina un po’ per caso e si portò con occhio agile sulla vetrina che scompariva.
“Oh scusa, t’interessa? … Ma potevi anticipare un po’ …”
“Eh si, ma i pesci non sono a mio servizio anzi viceversa”
“I pesci?! …”Si …. m’interessa la camicetta … la stessa che porti tu …”
“E per chi, scusa?” “Mah, non so, mi piace” “Perché tu qualsiasi cosa ti piaccia ti prendi?”.

Lei abbozzò un sorriso mentre proseguivano di pari passo ed un ricciolo poi un altro li univa in modo sottile.
“Sai, io sono arrivata …”  ” Allora, ci vediamo dopo … domani“ “ Ma domani è domenica” “Si, perché? La domenica è vietato vedersi?” “No, però sai dove andremmo?” “In campagna … a cercare le zanzare …”  “Le zanzare? Ma che dici?”
“Si, perché vorrei ricambiare la cortesia di venirmi a trovare … sono così gentili”
“Ah, perciò vuoi portare me, eh?” “Tu potresti essere la mia Maradona, faresti alcune finte e le fregheremmo” “Insomma, un’azione punitiva anche per me …” “Ma che punitiva … io posso prendere il posto delle zanzare” “Ah si? Beh, ciao!” “A domani” “… povera me! …”.

Proseguì e anche lui tornò a casa, prese l’ascensore che lo stava aspettando per portarlo più in alto ad esplorare qualcosa che non fosse il suo papillon bizzarro.

Nell’entrare in casa fu investito da un trambusto, calò gli occhi e galleggiava nell’acqua: “Per la miseria, il mio vestito! … Non bastano quei pesci!”.

Aiutò un po’, suo malgrado, e si misero a tavola, non per una seduta spiritica ma per pranzare.

Squillò il telefono. “Pronto? Sono Jenny, stai pranzando?” “Ma no, a quest’ora si pranza? …” “Senti, io non ho fame, che ne diresti di venire qui fra un po’”
“ A a adesso?” “Beh si, c’è mio fratello che ti vuol conoscere dopo pranzo ripartirà, vedi un po’ … gli ho parlato di te” “Di me?….” “Si di te, del tuo estro …, insomma, vieni?”   “Certo, aspettami”.

Così tornò a tavola e con una faccia incuriosita prese qua e là alla rinfusa, riempì la bocca e le mani, scappando via.
“Ricciolo Ricciolo”,  ma lui era già oltre l’uscio del portone e come un lampo giunse a casa di Jenny , bussò e bussò ma lei era già scesa, in compagnia di un baldo giovane.
“Ciao, ti presento mio fratello, Robert, sta per partire per New York dove dirige una ditta di import-export, nel campo dell’abbigliamento naturalmente”
“ E si, tra l’altro fornisco loro ”.
“Sai, Ricciolo è molto curioso … gli piacciono cose anche senza particolare motivo. …. Potrebbe, perché no, selezionare i capi da distribuire”.
“E si, bella idea, in un piccolo paese manca un distributore”- fece Robert.
Ricciolo ascoltava con una smorfia a tratti incuriosita, pensò e disse:
io non sono un venditore, una persona che sta ferma in un unico luogo …
“Ma no, non staresti fermo,- fece Robert – viaggeresti tra i capi, tra la gente che vestirai … proponendo alcuni anziché altri … vedrai”

Una smorfia di sorriso di Jenny e Ricciolo annuì vagamente convinto.

Il pullman per l’aeroporto partiva tra un’ora e Ricciolo salutò Jenny al giorno dopo.

Il cielo al tramonto ammorbidiva la sua figura che passo dopo passo pensava a come avrebbe organizzato i suoi nuovi “pesci da lavoro”.

Le ombre bussavano sulle semplici case e Ricciolo si ergeva tra loro come un menestrello in cerca di una nuova canzone ancora per poter incantare la notte.

Il mattino seguente gli alberi facevano da arco ad una bella giornata di sole che accarezzava le ali di Jenny mentre scendeva le scale.

Capelli vaporosi sull’esile figura sembravano precederla come se dialogassero tra loro su come donare respiri nuovi all’incontro con Ricciolo.

Svoltato l’angolo eccolo apparire più fresco del giorno prima: salutò jenny con un volo di ciao e insieme intrapresero il viale che porta verso la periferia.

Vagamente aleggiavano delle note che spingevano l’un l’altro a parlottare di normali minuzie quotidiane e creavano qua e là sorrisi che volevano sfuggire verso qualcosa di nuovo.

Il verde disseminato li risucchiava in avanti e i grilli partecipavano ai loro passi.

Di lì iniziava un bosco che pulsava aria verso il paese, piccoli viottoli si alternavano all’erba incolta e si perdevano a vista come gli occhi dei due ragazzi indirizzati verso le prime zanzare che facevano capolino su Ricciolo.
“Eccovi qui, disse, agghindate a festa … andate andate su Jenny che mi voglio divertire ….”
“Ah si, ti vuoi divertire? … Forse questo pizzico ti farà bene”.

E così dicendo ammollò una stretta al braccio di Ricciolo, roba da 3 zanzare insieme.
“Ah, provochi? …..”  “No”.

E presero a correre sin dove il verde diventava più folto.

Le voci si alternavano e sembravano poi uscire da quella grotta verde.

Il fruscio delle foglie raggiungeva i capelli di Jenny che seminava Ricciolo.
“Ti prendo ti prendo” e tra le mani gli rimaneva soltanto aria finché si fermò e Jenny apparse dietro di lui.
“Ah, eccoti beccata ….”,  “Beccata? E mica sono una zanzara”
“Sei più di una zanzara … pungi pungi” “Pungo? Ma se sei così sano!”.

E mostrando alcuni rossori sulla pelle strinse verso sé Jenny che respirò a stento guardandolo negli occhi, riuscendo a sfuggire ad un bacio.
“Uno a zero per me” disse Jenny che con aria di sfida si faceva incontro a Ricciolo.
“Perderai perderai …”  e così dicendo furono di nuovo l’un contro l’altro, il respiro cresceva con quello dei grilli e un bacio si schioccò sulla guancia di Jenny che quasi attendeva l’incrociarsi degli occhi e il fragore di un tocco sulle labbra umide.

Qualcosa stava creando delle presenze intorno come se un ascensore avesse succhiato ogni zanzara possibile e disteso lì un passaggio segreto lungo il quale i pensieri divenivano realtà immediate come delle radio sparse che catapultarono Jenny e

Ricciolo oltre quel bosco.

Il pomeriggio era assolato tanto da cedere un po’ di raggi ad ogni piccola cosa circostante.

Bisognava preparare un po’ di vestiti per il giorno dopo e i loro passi quasi inavvertitamente presero la rotta del negozio.

La saracinesca si alzò e i tanti colori vennero a galla l’uno dopo l’altro, si divisero i reparti, zona uomo e zona donna.

Iniziava per Ricciolo un’avventura con un piglio di naturalezza.

Divideva i capi dal più serio al più bizzarro con lena notevole, così che in poco tempo andò a sbirciare cosa facesse Jenny.
“Ehilà, disse lei, hai interrotto …”   “No. Ho terminato, credo”  “di già?”
“Si, i capi quasi mi venivano incontro, facevano la lotta per piegarsi prima di un altro”.

Jenny abbozzò un sorriso e fece un cenno d’invito verso la sua roba.

Ricciolo iniziò a scartare il variegato mondo femminile come uno studente che scruta la sua prof.

Per carpirne qualche segreto.

Lì sotto un mucchietto di vestiti si era incuneata Jenny dividendo le diverse taglie che le venivano addosso e una dopo l’altra sgombrarono lo spazio, liberandola dinanzi a Ricciolo …
“Toh, ma guarda che bel capo” – fece guardando Jenny che si risollevava – “però io non ti vendo” – diceva ridacchiando.
“Corri corri, dammi quella pila lì” – era jenny verso Ricciolo – “Agli ordini Capo”.

Era uno degli ultimi blocchi di vestiario e poi poteva dirsi rivisto il look del negozio.

Lo sguardo di Jenny si posò su Ricciolo e gli accarezzò il viso.

I due chiusero il negozio e tornarono verso casa come due ombre confuse.

Le scale divisero i due che con un cenno di tenerezza si portavano al domani.

La notte era lì vicina come una pagina bianca dove scrivere i propri sogni, i più segreti venivano a galla come lucciole al dolce suono dei desideri.

Incroci continui di cielo portarono pian piano l’alba sui due volti.

Il cigalio del telefonino svegliò Ricciolo.
“Ciao, stai arrivando?” – Era jenny che cercava di superare l’inizio della mattinata che non è mai semplice da organizzare.

Ricciolo invece tende ad adagiare i suoi passi come avesse paura di schiacciare qualche formica …..

Di lì a poco comunque si trovò tra la gente e sulla soglia del negozio.

Una signora attendeva parlando con Jenny che lo additò non appena incrociati gli sguardi.
“Signora … allora…” – fece Ricciolo, guardando Jenny – “cosa posso mostrarLe?”

Sembrava un commesso navigato, non più pesci ma indumenti e persone che pure sgusciavano davanti a lui verso l’amo della parola più giusta per andare incontro al cliente.

Così l’animo di Ricciolo andava al parlare della signora ….

Rosso bianco azzurro ….  caratteri sbiaditi nei labirinti del tempo, cartine al tornasole di una mente dispersa, tinte che non sanno volare se non li chiami a viva voce con la forza della mente.

Forse vorrebbero essere rapiti da un alone spontaneo di sguardi, liberi da remore, su di una distesa verde che li segua nel planare a vista d’anima, pregni di baci sottili donati dall’incoscienza.

E li ascolti all’improvviso ….  Nelle parole di una signora ….
“Si si, queste magliette per i bimbi potrebbero andar bene”.

Ricciolo gettò lì un sorriso e via … il pacco era pronto.

Come perline di una collana le vendite proseguirono con naturalezza.

Taceva l’animo di Ricciolo come una pagina diventata improvvisamente bianca e in attesa di chi la facesse ritornare viva.

Il pensiero era di nuovo rivolto a Jenny che si dimenava nel parlare con l’uno e l’altro cliente come se fossero in fila per pigiare poi il pulsante di una giostra di colori.

Aria e aria chiamavano i capi mossi e rimossi di qua e di là così come i due in attesa di abbassare la saracinesca del negozio.

Il moto del sole non smetteva di richiamare il tramonto e con lui qualcosa di tenero da far danzare tra parole ordinarie.

I due riccioli uscirono con passi cadenzati come per non farsi scoprire dall’ora tarda.

Ed ecco l’asfalto, loro amico ormai, che s’apprestava a distendersi come tappeto rinnovato sotto quei passi lievi.

I giorni calavano come stelle d’agosto e le sensazioni si arricchivano man mano di svariati accenti.

Ricciolo ricevette la prima spedizione dell’import da New york e il negozio si ampliò fornendo i clienti di altri paesi circostanti.

Continuarono a darsi energia l’un l’altro come capelli di uno stesso capo che immaginava orizzonti nuovi di giorno in giorno.

Si stavano costruendo una vita diversa dal quotidiano:
si, erano loro a pilotarla e non il contrario.

Proprio come riccioli novelli nell’aria di un qualsiasi mattino sembrano in balia di questa, ma in realtà invitano a seguirli su pensieri in ascesa, pattini del futuro, ben lontani dalla fotocopia di giorni comuni.

Insieme lungo un ascensore che ritaglia a fette un tempo tutto loro:
idea calata a fondere due riccioli di una più larga umanità di capelli.

2017 Trofeo Monterosi d’argento Monterosi VT